
Cari amici appassionanti di necrologi, siamo alla recensione
di una delle prove più attese di Drag Race: il famigerato Roast.
Si tratta di una challenge di stand-up comedy che concede alle nostre Queen
l’irripetibile occasione di sparare a zero sul panel del giudici e di
nascondersi dietro la scusa della satira.
In realtà le cose sono ben più difficili, poiché occorre sempre trovare la
chiave giusta per dosare al meglio le battute, in modo che possano divertire e
non offendere.
Nel complesso, mi è sembrata una prova riuscita e concordo abbastanza anche con
gli esiti. Non concordo affatto, invece, con l’eliminazione di Leila Yarn. È
vero che non stava brillando come nelle puntate iniziali, ma ritengo che il suo
lipsync sia stato più interessante rispetto a quello di La Sheeva. Trovo anche
che quest’ultima sia reduce da parecchie settimane di challenge non così
soddisfacenti che, a mio avviso, avrebbero potuto anche sfociare in
un’eliminazione non così scandalosa.
Torniamo Roast e ai discorsi di commiato che le
concorrenti hanno riservato alla povera Chiara Francini. Ammetto di aver rivolto più di un pensiero agli spettatori stranieri del programma.
La performance di Sypario mi ha convinto a metà. Trovo che
gli elementi di contorno al suo discorso fossero giusti. Parlo, ad esempio,
delle espressioni facciali, dell’utilizzo del tono della voce, dei cambi di
registro, delle movenze e della prossemica. Il look ha dato al tutto un
bell’impatto visivo e Sypario ha certamente il carisma per far in modo di
mantenere l’attenzione su ciò che dice. Accanto a tutta questa cornice, a tutto questo
involucro, mi è un po’ mancato il contenuto. Non tutte le battute sono state
all’altezza e, come Paola Iezzi, ho trovato anche io che si potesse enfatizzare
il pezzo attingendo al background della teatralità napoletana, maestra nel
trovare la comicità insita in una certa ritualità funebre.
La Sheeva era partita molto bene con il joke del cuscino
funebre che espone il middle name della povera dipartita, Poppea. La durata del
suo discorso è stata veramente breve, ma quello che ho notato è stato un cambio di tono giusto che andava a marcare battute non abbastanza consistenti. Mi è
piaciuto, però, che Sheeva abbia lanciato qualche frecciatina punzecchiando la
Francini sulle sue capacità e la sua carriera. La pausa strategica per rifarsi
il trucco, invece di elencare i suoi successi, è stata un’idea divertente.
L’elogio funebre proposto da Lina Galore sembrava una vera e propria danza, non
soltanto per il ritmo perfetto, ma per l’aver incluso dei jokes tipici del
roast, proprio come in una coreografia si inseriscono i passi base di uno
stile. La prova fa parte sicuramente della cifra stilistica di Lina e si è
vista tutta la sua conoscenza della materia. Nonostante la padronanza dei
classici paradigmi del Roast, tutte le battute sono state originali e
divertentissime, con dei riferimenti pertinenti al personaggio della Francini.
Il finale con il ruveal ed il twerking recitando la prima declinazione latina è
stato a dir poco geniale. Giustissima la vittoria. A margine, aggiungo che mi sarebbe
comunque piaciuto vedere nel montaggio il momento in cui Lina decide l’ordine
di esibizione della prova con le relative motivazioni.
Leila Yarn non era visibilmente nel suo elemento, ma mi piace sempre molto lo
spirito con cui prova a misurarsi con qualcosa che sulla carta non le
appartiene. Alcune battute erano carine, mentre altre non sono state proprio
memorabili. Un po’ ha pagato anche l’esprimersi in maniera troppo articolata e
poco diretta, talvolta anche precisando battute già di per sé esplicite. Ho
trovato il suo pezzo a tratti ripetitivo e in alcuni casi aveva dei passaggi
molto simili rispetto a chi l’ha preceduta. Leila, inoltre, ha utilizzato uno
schema corretto per un Roast, quello del “è talmente discolaccia che…” ripetuto
più volte. Doveva però essere supportato da battute molto più spiazzanti, assurde e pungenti.
Melissa Bianchini ha scelto una via anomala. Concordo con la giuria nell’averla
trovata inaspettatamente a suo agio in questa challenge, più carismatica di
altre circostanze in cui l’abbiamo vista misurarsi con prove del genere. È stato
molto carino il suo ingresso sulle note di “Brazil”, poi più che aver arrostito
la Francini si è più che altro lanciata in un discorso da damigella di nozze
che snocciola aneddoti da addio al nubilato, non sempre allineati con il focus della prova.
Anche Silvana della Magliana, come Lina, si trovava nel suo elemento. Il suo pezzo era forse più dispersivo, ma
comunque esilarante e di alto livello. Tutte le battute sono state divertenti,
anche quando ciò che raccontava non aveva riferimenti specifici alla vita e
alle opere di Chiara. Il “Foffoco” mi
ha steso ed ha funzionato anche vedere la diretta interessata piegarsi in due
nella bara. Il personaggio di Silvana emerge sempre, ma c’è da dire che va a
colpo sicuro per il suo essere spiritoso e con la battuta pronta, cosa che le
permette di saper improvvisare senza trovarsi mai impreparata. La canzoncina
finale forse era superflua, ma è stata una chiusura simpatica ed adeguata.
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