
Non è che proprio mi aspettassi le interpretazioni di Cate Blanchett, le trame di Christopher Nolan e le sceneggiature di Greta Gerwig, però dall'acting challenge di Drag Race Italia 3 mi aspettavo certamente qualcosa di più.
Ammetto che mi ha lasciato perplesso l'entusiasmo della giuria, che con mia sorpresa ha trovato tutto piuttosto divertente. La prova sottotono può capitare e non c'è nulla di male a dirlo. O meglio, bisogna dirlo. La stessa RuPaul non si pone problemi a far calare il gelo e a lasciare la parola al frinire dei grilli. E qui ho sentito grilli, cicale, cavallette e pure le cimici dei materassi.
Qual è stato il problema maggiore? Probabilmente quello di non fornire alle Queen una sceneggiatura già pronta attorno a cui costruire i personaggi, come accade ad esempio nella versione statunitense. Senza un copione e delle linee guida che andassero a parare da qualche parte è mancata una struttura solida e coesa a reggere le due proposte.
In scena sembrava che le ragazze si limitassero ad esporre la parte che avevano deciso, a prescindere dal fatto che fosse attinente o meno alla narrazione. Molte hanno seguito la propria strada inserendo, non sempre in maniera pertinente, caratterizzazioni e citazioni a caso. Tanti personaggi, ma pochi ruoli.
Il Team Queens In Love ha avuto dei buoni momenti e alcune gag efficaci. Ho trovato, però, che fossero troppi e troppo superflui i vari riferimenti a Sandra Marchegiano, Mare Fuori, Sandra Milo, Katyusha e altri meme.
La Sheeva è stata la Queen che in questa squadra mi è piaciuta di più. Ha scelto di interpretare un personaggio aderente al suo repertorio, ma ha anche azzeccato perfettamente i tempi comici.
Silvana mi ha convinto a tratti, molto di più nel finale. Non credo, però, che abbia brillato abbastanza da vincere la puntata.
Morgana, per motivi sconosciuti vestita da cugina di Sailor Moon, ha avuto l'intuizione divertente di rendere vrenzola la sua Sandy. Mi sarebbe piaciuto, però, vederla giocare di più con la doppiezza del suo personaggio.
Non ho esattamente capito che ruolo avesse Vezirja, ma le gag di cui era protagonista mi hanno fatto molto ridere.
Melissa non mi è sembrata portatissima per la recitazione e ha finito col ripetere delle frasi un po' cliché mantenendo sempre la stessa espressione. Ho rimpianto gli spot dei libri di Alfonso Luigi Marra.
Aurora era esteticamente perfetta, ma la sua recitazione l'ho trovata frettolosa e piuttosto dimenticabile. Non sono riuscito a comprendere il processo creativo per cui, in fase di scrittura, ben sei persone diverse abbiano ritenuto esilarante e sensata la battuta "Sissy that walk".
Con il
Team Drag col vizietto ho riso un pochino di più, ma il merito è da attribuire a due sole Queen.
La più brava, quella che a mio avviso meritava la vittoria di puntata, è stata
Lina Galore. Il suo personaggio era aria fresca, credibile e divertente. Semplicemente si trattava di vera recitazione.
La Prada è stata esilarante. Anche se un tantino autoreferenziale, ho trovato tenero e autoironico il suo sfogo, con tanto di shade ad Adriana. Chiara l'ispirazione a Madre di Sensualità a Corte, ma almeno si trattava di una rielaborazione e non di una mera ripetizione.
Tra le Queen intrappolate nel ruolo delle amiche,
Leila Yarn aveva forse il personaggio più familiare al contesto. Malgrado la prova non abbia funzionato, il profilo è stato reso in maniera credibile.
Amy Krania si è complicata la vita, ma la sua performance attoriale non è stata così malvagia. Un po' forzato calare una veggente in un liceo, ma se penso ai teen drama contemporanei, o al più palese riferimento a That's So Raven, non trovo troppo stranianti queste caratteristiche.
Discorso diverso per il personaggio di
Sissy Lea, che ho avuto più difficoltà a contestualizzare. Ok la gag del della studentessa Erasmus fuori corso, ma l'impressione è che avesse scelto a priori il personaggio della signora italo-americana, piuttosto forzato se la trama riguarda ragazzine liceali.
Sypario, infine, per motivi non troppo diversi, è la Queen che mi ha lasciato più interdetto e con l'amaro in bocca. Prometteva bene, ma le sue battute si sono praticamente limitate ad un elenco di ingredienti, ancora una volta per integrare a tutti i costi un repertorio non richiesto dalla circostanza.
Scorrono i titoli di coda e mi sento proprio come alla notte degli Oscar, qualche profondo sbadiglio e la vaga sensazione che anche a 'sto giro il premio lo meritasse un'altra.
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