
Un Festival di Sanremo teso e quanto mai affollato quello del 1953. Prima di riviverlo, partiamo dai punti fermi.
Restano invariati conduzione e location, con Nunzio Filogamo che presentò l'evento presso il Salone delle Feste del Casinò di Sanremo, dal 29 al 31 gennaio.
Tra le novità più incisive figura la doppia esecuzione. Ogni brano, infatti, fu interpretato da due degli artisti in gara con l'accompagnamento e l'arrangiamento di due differenti orchestre, una più classica e l'altra più innovativa.
Ciascuna delle prime due serate prevedeva la presentazione di 10 brani ed il passaggio in finale di cinque di essi ad opera di una giuria sempre più numerosa.
Si amplia anche il parterre di cantanti partecipanti, dai cinque dell'edizione 1952 ai dieci del 1953. Achille Togliani e Nilla Pizzi sono al loro terzo Festival consecutivo, il primo senza il mitico Duo Fasano. Secondo giro sanremese per Gino Latilla. Carla Boni, Giorgio Consolini, Katyna Ranieri, Flo Sandon's, Teddy Reno, il Quartetto Stars e il Doppio Quintetto Vocale sono le matricole dell'evento.
Il Festival fu segnato dal gossip, con un intreccio di relazioni interne al cast da fare invidia all'ospedale di Grey's Anatomy, ma anche dalle polemiche su alcuni brani. Uno di essi, Tamburino del reggimento, fu accusato apertamente di plagio.
Per quanto mi riguarda, l'ascolto delle canzoni di questo Festival mi ha lasciato un po' deluso. Dopo gli spiragli di freschezza del 1952 speravo in un netto passo in avanti, invece permangono ancora troppe canzoni che guardano al passato, giovani cantanti con l'attitude di signori di mezza età e una vecchiezza generale che non è data dal tempo in cui ci troviamo quanto dalla malinconia per il tempo che fu.
Di contro, alcuni pezzi hanno davvero suscitato il mio interesse e la mia classifica ne è risultata piuttosto rivoluzionata rispetto a quella ufficiale.
Potete ascoltare i brani, nelle diverse versioni, con un click sul nome dell'artista.
Cari amici vicini e lontani, dopo 70 anni, diamo di nuovo inizio al Festival di Sanremo 1953.
20° postoVecchio scarpone è la canzone più nota di questo Festival ed è legata a
quella che forse è la prima grande polemica della storia di Sanremo. Una polemica
che mi sento di condividere, dal momento che trovo eloquente e controversa la
metafora del “vecchio amico scarpone
militare” che “se volesse il destino,
saprebbe camminar ancor”.
19° posto
Il brano racconta la storia di un bambino non vedente che può ascoltare sua
madre piangere e patire per lui. “Ah,
quante mamme piangono […] ma la mamma
che piange di più, mammina cara, sei tu”. Oltre a non trovare il brano
melodicamente accattivante, mi sembra tutto troppo esasperato e forzatamente
straziante, incluso il modo di cantare.
18° posto
Il repentino scorrere della vita visto con gli occhi di una madre ricca e snob
a cui proprio non piace mettere pressione. Già me la vedo sfornare l’arrosto
con la sua collana di perle e il suo twin-set di cashmere mentre fantastica sul
futuro del giovane rampollo: “Il bimbo
cammina e va, e va, e va. Ginnasio, Liceo, poi l’Università. E un giorno vuol
dirti qualcosa, si sposa. Di già? Poi già Cavaliere tu, già in pensione tu”.
Insomma, il tipico brano popolare che canticchia la gente.
17° posto
Dell’affaire del presunto plagio abbiamo già detto. La canzone racconta la
caduta del tamburino del reggimento, ossia di quel soldato che ha il compito di
chiamare la carica, ma anche di tenere alto il morale dei giovani soldati
mandati a morire nell’insensatezza della guerra. “Tamburino medaglia d’oro, che nessuno ricorda più” è anche un modo
per denunciare come la società si sia dimenticata dell’operato dei soldati.
16° posto
È notte e un uomo è stato appena lasciato da una donna. Ovviamente piove come
se non ci fosse un domani, ma lei ha preferito affrontare la tempesta piuttosto
che restare con lui un minuto di più. L’unico rimasto a far compagnia allo
sventurato è il cane della coppia. “La
padroncina sai, ci ha abbandonato. […] Invano cercherai la sua carezza ed io
non posso darti che tristezza”. Beh, dagli almeno dei croccantini.
15° posto
Per essere la canzone di punta di Nilla Pizzi, direi che è piuttosto
debole. Dopo l’annata di Vola colomba
e Papaveri e papere, ritroviamo Nilla
in una versione un po’ sciura che canta dell’Italia dai mille campanili
salutando il ritorno degli alpini. Sarà anche arrivata seconda, ma per me non
ci siamo.
14° posto
Non ho capito se questa è una canzone che parla di corna o di personalità
multipla. Che cosa vorrebbe dire il verso “Quando
tu baci me tu baci l’altra”? Non è chiaro chi ha baciato chi ed è subito
Mon Amour di Annalisa. Ho capito solo che lei vorrebbe mollare quest’uomo ma
non riesce a farlo perché, a quanto pare, limona decisamente bene. Situazione
sentimentale: “Se gli anni della vita
sono cento, son più di mille gli anni del dolore”.
13° posto
Se avete seguito le puntate precedenti, sapete già che uno degli elementi
ricorrenti dei primi testi sanremesi è il ritrovamento dei più disparati
oggetti che riportano la mente al passato. In questo caso abbiamo una vecchia
pianola che rievoca rimpianti ad ogni tasto.
12° posto
Il brano parla di tale Papà Pacifico, che sospetto essere un antenato di Mamma
Maria dei Ricchi e Poveri. Quest’uomo “mette
in fila i coniugi” per farli riappacificare e appiana i dissapori tra
fratelli con idee politiche diverse. La gente si reca da lui da ogni parte del
mondo per mettere fine ai propri litigi, un po’ come quelli che scrivono a C’è
posta per te. Non so cosa ho ascoltato esattamente, ma almeno la canzone è
carina e strappa una risata.
11° posto
E che tipo di canzone potrà mai essere? Esatto, una canzone strappalacrime. Il
brano parla dell’imminente partenza di lei e di lui che si strazia con pensieri
del tipo “la voce mia più non udirai”
e “forse domani, amore, non ti vedrò mai
più”. Dopo tutto, il rapporto a distanza non era il massimo in un’epoca in
cui non c’erano social ma solo telegrammi.
10° posto
Una canzone d’amore asciutta e molto carina, che accenna anche ad una timida svolta sadomaso nei versi in cui lui chiede a lei di incatenarlo. Al suo cuore, naturalmente, si scherza. Mi piace che ci sia un approccio all’amore non sbruffone e quasi petrarchesco, in cui la donna amata è vista come la luce nella vita di un uomo per cui il sole non c’è.
9° posto
Dirige l’orchestra il maestro colonnello Giuliacci.
Un amore formale tra due amanti che, prima di darci dentro con i baci, non
scordano le buone maniere e si salutano con un cortese “Buona sera”, come se avessero appena incontrato il farmacista nel
bar del centro. Tutto filerebbe liscio se solo lei non si fosse accorta che,
durante quei baci, lui stava già progettando di lasciarla. Buona sera un cazzo,
insomma.
8° posto
Dirige l’orchestra Cenerentola
Finalmente ad irrompere sul palco del Festival di Sanremo è la musica popolare
e folkloristica in cui, chissà mai perché, ci sono sempre passeri, fringuelli e
disparate specie ornitologiche. In questo brano, lu passeriello, sveglia le fanciulle portando il buon umore per poi
volarsene libero nel cielo primaverile. Sfortunatamente, però, non fanno
ritorno né il passerotto, né l’innamorato della nostra cantante. Visto l’abuso
di metafore in questa edizione del Festival, non sono così certo di potervi
assicurare che non ci siano doppi sensi.
7° posto
E sì che dopo una certa mi emoziono anche io con tutte queste canzoni
malinconiche. In questo caso, abbiamo un uomo che ricorda le giornate al parco
con sua madre quando, giocando a palla, disturbava gli anziani che leggevano il
giornale. Ora, nello stesso parchetto, l’anziano con il giornale è lui e la sua
mamma non c’è più. Ho apprezzato questo brano perché, con le immagini evocate,
crea quasi una scena cinematografica.
6° posto
Una canzone che, al primo ascolto, rischiava di risultare quasi una filler, ma
che con il tempo si è fatta apprezzare sempre di più. Ad sentirlo bene, il
testo è senza tempo e ci si potrebbero identificare benissimo i sottoni di ogni
epoca. Ho apprezzato anche la forma scorrevole e la cura nel mettere insieme le
parole in base alla loro musicalità
5° posto
La canzone si apre con un evento inequivocabile: un uomo sta mollando la sua
fidanzata. Per qualche oscuro motivo, però, costei non gli crede e tutto il
brano ruota attorno alla sua convinzione che resteranno insieme per sempre.
Personalmente la trovo una canzone carina, soprattutto nel ritornello, ma non
la vedo così forte come vincitrice della kermesse.
4° posto
Un po’ come in Eyes Wide Shut, una dama ed un Pierrot si incontrano ad una
festa in maschera dove, complici i fumi dell’alcol, trascorrono una nottata di
baci e d’amore. Al mattino, lui la invita a trascorrere insieme tutta la vita,
ma lei gli sferra un sonoro due di picche ben confezionato con le parole qui di
seguito: “No, Pierrot, mai più. Pur se
piangi tu, il bel sogno si vive una notte e non più”.
3° posto
Questa canzone mi è davvero piaciuta, in particolare nella versione di Katyna
Ranieri. Ha un’aria di mistero che la renderebbe perfetta come colonna sonora
di un film noir. Il pathos è quello giusto e la melodia non è per nulla
scontata. Trovo che riesca a scrollarsi di dosso la polverosità che
inevitabilmente caratterizza le canzoni di quest’epoca.
2° posto
Ogni tanto, pure nei Sanremo degli anni ’50 c’è una storia d’amore che va a
finire bene. Questo brano è il tenero ritratto di una vita idilliaca tra
innamorati che, ogni sera, si danno la buonanotte rinnovandosi l’appuntamento
per l’alba. Pur non essendo clamorosa, in entrambe le versioni la canzone ha una bella musicalità e
trasmette tutta la dolcezza di chi sceglie di amarsi giorno dopo giorno.
1° posto
Acque amare – Carla Boni / KatynaRanieri – Non Finalista
Ben 57 anni prima dei laghi di Valerio Scanu, Carla Boni e Katyna Ranieri
cantavano di fonti, laghi e mari. Il brano raccolse applausi lunghissimi, ma
clamorosamente non riuscì ad accedere alla finale. Il tema è quello di una
storia d’amore tormentata, paragonata al crescendo dell’ostilità e della
salinità delle masse d’acqua, con una dovizia di particolari da far invidia ad
un manuale di idrologia. A me hanno colpito soprattutto la struttura del testo
e il lavoro sulle rime, ma soprattutto l’enfasi data nelle interpretazioni che
ha restituito qualcosa di grande effetto. Ho deciso, quindi, che per me è
questo il brano che merita la vittoria del Festival di Sanremo 1953.
Festival di Sanremo: Il Re-Listening: 1952
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